Nell’abbraccio delle ombre

Delicati inchini,

in teneri sorrisi

di intricati chiaroscuri,

quei rami

salutano

solitarie figure.

Vivaci spiragli

di vibrante luce,

lungo il cammino

l’eco remoto

di gocce di pioggia.

Nel caldo oro

del tiepido pomeriggio,

armonie di canti

tra i bassi cespugli,

bagliori di foglie.

I passi smarriti

nel leggero oblio,

tra il sussurro

di quelle fronde

che l’orizzonte schiude.

Persa.

Nel morbido abbraccio

di quei mille rami.

Cullata

dal quieto rincorrersi

di infinite ombre.

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Fiori di ciliegio

Calde carezze,

sulla pelle

il pallore

di fili di luce.

Adagio.

Scorre

il sottile sentiero,

nel verde saluto

di ciglia d’erba.

Scalda.

Quel tenero alito

di sfiorito inverno,

sommerso

tra il sinuoso

cantare

di timide margherite.

Sulla secca terra

sparsi,

vibranti nell’aria

che piano muta.

Tra sfumature

di candido azzurro,

le fronde

cullano

le nuove vite.

Sul tronco

parlano i

segni degli anni.

I petali

che sussurrano

rosati respiri.

Nell’aria,

su quel prato,

fiori di ciliegio.

Alla fine del ponte

Incerti.

Nella smarrita corsa

del freddo mattino,

quegli opachi profili.

Basse nubi,

solcavano il fugace

avanzare

dell’antico ponte.

Perso.

Come un eco sfiorito

tra il sospeso orizzonte,

si stendeva

l’arido paesaggio.

Muti.

Gli infiniti contorni,

tra le pieghe

di cemento

che lo stretto passaggio

disegnava.

Indefinita.

Come un miraggio

la fine di quell’

indeciso

viaggiare.

Poesie tra i

lontani alberi,

sussurri tra

il torrente ghiacciato.

Remota.

Quella dritta via,

perduta

nel morbido abbraccio

di una calma foschia.

Il riflesso della Luna

Velate increspature.

Frastagliati

frammenti di luce

smarriti

sulla fredda superficie.

Nel gelido richiamo

del quieto vento,

sul ghiaccio

risplende

quel caldo volto.

Nel buio

che lo spoglio

inverno occulta,

tacito brilla.

Dentro l’infinità

di un rigido istante,

si specchia

nel piccolo lago.

Due sguardi

smarriti

nel lucido ritratto

d’incrinato cristallo.

Riflette.

Sulla fragile

cornice di

immobili acque,

la Luna.

Nel sogno dell’orizzonte

Nel gelido abbraccio

del calmo vento,

mi siedo.

Polvere

di ghiaccio,

smarrita

tra nubi d’avorio

che quel cielo cattura.

Nella marmorea voce

di ombrosi monti,

leggeri canti

di neve.

Che pallida giace,

nel ritratto

dimenticato

del duro suolo.

Lieve turbinio

di foglie,

su frammenti di

calmi sorrisi.

Ruvide pieghe

del freddo legno

s’intrecciano

a parole sospese.

Nella morbidezza

di un tenero tramonto,

mi sveglio.

Sulla cima delle nubi

Soffici ombre.

Come un tappeto di perle,

quella folta cornice

i loro volti

celava.

Si ergevano

quiete,

nell’argentea luce

del freddo mattino.

Quelle alte cime,

candide nevi

ne occultavano

il sorriso.

Intenso candore.

Nel perpetuo

brillare

di infiniti veli,

piangevano

quei monti austeri.

Nella dolcezza

del nuovo giorno,

gli sguardi

incantati

da bianche corolle.

Sull’eterea tela

del chiaro cielo,

ora tappeti

di pallido ghiaccio.

Nubi,

sulle cime.

La sera nel boschetto

Sottile fruscio.

Nel lento cammino

della sera,

frastagliati profili

di fitte chiome.

Leggeri suoni,

nelle ombre scure

sparsi soffi di vento.

Fruscii.

Nascenti nel sorriso

del cupo sentiero,

fra fioche luci

di finestre lontane.

Assorte,

le chiare spoglie

del giorno passato.

Smarrite,

sui muti volti

del calmo boschetto.

Il cielo

un ritratto di

intrecci velati.

Malinconici sguardi

di piccoli sassi,

su quella strada

storie mai dette.

Nodi di parole

scolpite

nei battiti

della notte.

Vicina.

La fine di

quel sogno

tra dialoghi di stelle.

Quel passeggiare

smarrito

si perde,

nell’attimo

di un lieve fruscio.

Sulle ali del fiume

Correva.

Nelle bianche spire

del fiume,

avvolto da muti lamenti.

Volava

quel grigio vento,

frusciando

tra le secche chiome

delle quiete sponde.

Tenere gocce,

tra l’increspata fuga

del morbido fiume.

Un sinuoso cantare,

oltre il remoto

mormorio

della città.

Nella limpida follia

di fredda polvere

la pioggia

cadeva.

Immobile,

quello schivo tronco

tra confuse correnti.

Smarrito,

fra gli aspri abbracci

del torbido flusso.

Fragili lacrime

dai cupi volti

di nubi stanche.

Lenti secondi

scanditi dal ritmo

della tempesta.

Maestoso,

apriva le ampie ali.

Un nobile airone

si beava

del fremito

delle spoglie acque.

Su quel tronco

attendeva,

nelle note di

una brezza che dolce

fluiva.

Nel respiro della Nebbia

Soavi sospiri,

come immobili sguardi

tra i ricami delle mute cortecce.

Nell’ovattato silenzio

della prima sera

si perdono

bianchi rintocchi.

Nella nebbia

quel mondo piano si mostra.

Smarrito il cielo,

tra le nude frasche

che cupe si cercano.

Sui passi oscilla

una tenera polvere

di foglie.

Quei vecchi tronchi

riposano,

fra i flebili aliti

di un silente vento.

E le mute pietre

quella anziana dimora

sostengono.

Tra silenzi d’inverno

e morbido gelo quel bosco

vi parla.

E il respiro s’intreccia,

nell’opaco abbraccio

del pallido bagliore.

Cielo di Fuoco

Nel fluido respiro

della sera

divampano.

Sorrisi rosati

frammentano

il tiepido cielo.

Tra silenzi spezzati

di vuote strade,

bruciano fiamme.

Intenso arde,

un turgido oceano

di rosse lacrime.

Le nubi disperse

s’incontrano

in purpuree

correnti di seta.

Gli occhi

socchiusi,

fra il maestoso

rincorrersi

delle ultime luci

del tramonto.

Silenzio.

Le braci

disperse

sotto quel manto zaffiro

che il bagliore

occulta.

Tace.

Parla la voce

della sera,

azzurre gocce

l’ardore quietano.

In un istante,

riposa la luna.